RESPONSABILITÀ AMMINISTRATORI: LIMITE ALLA BUSINESS JUDGEMENT RULE
La Corte di Cassazione con sentenza n.15470/2017 torna a pronunciarsi sui criteri da usare nella valutazione della sussistenza di responsabilità dell’amministratore di società di capitali: se l’alea economica è connaturata alla gestione-amministrazione di una società e quindi non può automaticamente discendere in capo agli amministratori una responsabilità per scelte gestionali rivelatesi infelici, è altrettanto vero che le scelte di gestione per quanto insindacabili (c.d. business judgement rule) devono comunque essere ragionevoli tenuto conto delle cautele, verifiche ed informazioni preventivamente acquisite dall’amministratore prima dell’operazione e che vengono considerate come cautele, verifiche ed informazioni normalmente richieste per quel tipo di operazione.
La fattispecie esaminata dalla Corte riguarda, nello specifico, il caso di un amministratore di un consorzio che aveva -tra l’altro- sottoscritto tre contratti qualificati -in virtù sia dell’oggetto negoziale che dei contraenti- come “arbitrari”, posto che nessuna prestazione era stata resa in favore del Consorzio che, tuttavia, ne aveva pagato l’intero corrispettivo già all’atto della sottoscrizione dei contratti.
L’amministratore, condannato secondo grado, ha impugnato la sentenza di appello osservando come la circostanza che le società contraenti fossero rimaste inadempienti ai tre contratti stipulati non potrebbe configurare per ciò solo una responsabilità in capo dell’amministratore, che sarebbe altrimenti chiamato a rispondere di tutte le scelte amministrative e gestionali che si rivelino, nel tempo, infelici. Peraltro, sottolinea l’amministratore, consentendo tale vaglio sulla discrezionalità delle scelte economiche, si consentirebbe un’ingerenza del giudice ex post e basata solo su presunzioni fondate sull’esito delle scelte. È evidente, infatti, che se il risultato è negativo, la scelta di gestione è stata necessariamente sbagliata. Ma questo non significa automaticamente che vi sia una responsabilità di chi ha preso quella scelta gestoria.
L’assunto è condiviso anche dalla Corte di Cassazione che, tuttavia, precisa che, se resta fermo il principio già consolidato (Cassazione n.3652/1997 e Cassazione n.3409/2013) secondo il quale le scelte economiche inopportune non possono essere ex se fonte di responsabilità (potendo al massimo rilevare come giusta causa per la revoca dell’amministratore), è altrettanto vero che permane l’esigenza di vagliare la diligenza dell’amministratore nel prendere ed attuare quelle scelte (diligenza che, peraltro, adesso deve essere valutata non più alla stregua di quella richiesta al mandatario ex art.1710 c.c. ma di quella qualificata del professionista ex art. 1176, II comma c.c.).
Tale esame potrà essere condotto verificando se l’amministratore ha posto o meno in essere le cautele, verifiche e informazioni preventive che sono normalmente e tipicamente richieste per quel tipo di operazione, e se, quindi, sono stati preventivamente valutati i margini di rischio connaturati all’operazione.
È evidente che la valutazione sul rispetto di tali cautele è squisitamente di merito, non potendosi in alcun modo prescindere dall’esame delle risultanze concrete emerse nel processo.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, ad esempio, sarebbe emersa una evidente arbitrarietà nella scelta gestoria, da valutarsi con riferimento sia all’oggetto del contratto (che in alcuni casi non si sarebbe realizzato) sia alla scelta delle controparti contrattuali, del tutto prive dei requisiti di professionalità. Ad incrementare gli indici di anomalia dell’operazione, vi è poi la condotta del Consorzio committente che ha immediatamente eseguito l’integrale ingente pagamento del corrispettivo alla sottoscrizione del contratto, scelta sicuramente poco prudente oltre che non consuetudinaria negli usi commerciali.
Alla luce di ciò, il principio di diritto affermato dalla Corte è il seguente “in tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali (nella specie, per azioni) per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità del merito della sue scelte di gestione (c.d. business judgement rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell’art.2392 cod. civ. (nel testo applicabile ratione temporis) sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.
Una applicazione concreta di questo principio è contenuta nel decreto emesso in data 08/01/2018 dal Tribunale di Bologna Sezione Specializzata in Materia di Impresa (reperibile su www.giuraemilia.it), emesso a seguito di reclamo avverso provvedimento di sequestro conservativo dei beni degli amministratori di una società ottenuto dalla curatela. In particolare agli amministratori, che rivestivano la carica sia nella società controllante che in quelle controllate -debitrici della società madre, è stata contestata una politica dissennata ed imprudente consistente, tra l’altro, nell’aver permesso che la capogruppo:
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elargisse finanziamenti indiretti ed infruttiferi alle controllate,
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concedesse una fideiussione a garanzia dei finanziamenti erogati dagli istituti di credito alle controllate;
il tutto senza aderire ad un preciso e ponderato piano di sviluppo, senza che vi fosse un ritorno economico in capo alla controllante neppure in termini di aumento del valore della partecipazione, e per un periodo di tempo inaccettabilmente protratto.
Il Tribunale, richiamati anche i precedenti di merito, ribadisce che i risultati negativi della gestione non determinano ex se una responsabilità in capo agli amministratori posto che le scelte imprenditoriali comportano intrinsecamente una valutazione di opportunità e convenienza che è di natura discrezionale. Ma da tale “ombrello” di impunità restano fuori le iniziative avventate, l’omissione di cautele procedurali e/o verifiche tipicamente richieste per il tipo di operazione, che nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto integrati nelle condotte sopra specificate tenute dagli amministratori.