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LIQUIDAZIONE SPESE LEGALI A CARICO DEL SOCCOMBENTE PER LA FASE DI IMPUGNAZIONE

La Corte di Cassazione con ordinanza n.21613 del 04/09/2018 torna a ribadire che per determinare il valore della causa ai fini della impugnazione si deve avere riguardo all’effettivo oggetto del gravame, ossia al contenuto della questione o delle questioni di cui si tratta in sede di impugnazione, con la logica conseguenza che se al giudice dell’impugnazione viene riproposta una parte limitata della domanda, sarà questo il valore della causa su cui parametrare i compensi.
La norma di riferimento è, oggi, l’art.5 del D.M. 55/2014 che espressamente -come già avveniva per il passato- differenzia il criterio di liquidazione degli onorari distinguendo tra cliente e parte soccombente, prevedendo:
-al primo comma che “Nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa – salvo quanto diversamente disposto dal presente comma – e’ determinato a norma del codice di procedura civile … Nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata. In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulta manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile o alla legislazione speciale”,
-al secondo comma “Nella liquidazione dei compensi a carico del cliente si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda. Si ha riguardo al valore effettivo della controversia quando risulta manifestamente diverso da quello presunto anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti”;
-al terzo comma “Nelle cause davanti agli organi di giustizia, nella liquidazione a carico del cliente si ha riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che il cliente intende perseguire; nella liquidazione a carico del soccombente si ha riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la decisione”.
Può, infatti, succedere che il giudice dell’impugnazione debba occuparsi di una parte limitata della domanda originariamente proposta, e questo sia nei casi in cui venga modificato il quantum preteso, sia nei casi in cui vengono riproposte solo delle eccezioni di natura processuale (si veda, per esempio, proprio il caso espressamente esaminato dalla Cassazione con ordinanza n.21613/2018, in cui l’oggetto dell’impugnazione era il solo accertamento della nullità della notificazione, con la conseguenza che l’eventuale accoglimento dell’impugnazione non avrebbe comportato il riesame del merito della controversia ma la remissione della causa al giudice di primo grado: in questo caso il valore della causa è stato considerato come indeterminabile).
È naturale chiedersi se, in queste ipotesi, il valore della causa -ai fini della determinazione delle spese di lite in capo al soccombente- coincida con quello del primo grado, ovvero, in alternativa, quali siano i criteri per determinarlo. In realtà l’effetto devolutivo dell’impugnazione non si riverbera automaticamente sul valore della causa che, al contrario, deve essere “rimodulato in relazione all’entità della riforma che si intende conseguire” (Cass. n.18233/2009).
In queste ipotesi, secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, il valore della controversia, ai fini della determinazione delle spese di lite a carico della parte soccombente, va “fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni intesa di tariffe per prestazioni giudiziali- sulla base del criterio del disputato (ossia quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza)” con la conseguenza, ad esempio, che “ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti scopi, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputato posto all’esame del giudice di appello (in tal senso Cass. 12/06/2015, n.12227; Cass. 12/01/2011 n.536; Cass. 11/09/2007; n.19014)” (Cass. 27871/2017).