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DIRITTO DEL SOCIO AL CONTROLLO EX ART.2476 C.C. E COMUNIONE EREDITARIA SULLE QUOTE

La ristretta base sociale può trasformarsi per il socio in un limite all’esercizio del diritto di controllo ex art.2476 c.c. fino alla sua esclusione nell’ipotesi in cui la totalità delle quote di una s.r.l. cada in successione? Nelle more della divisione ereditaria e, quindi, in presenza di una comunione ereditaria che coinvolga la totalità delle quote di una s.r.l., la legittimazione all’esercizio del diritto di controllo spetta esclusivamente al rappresentante comune nominato ex art.2468 u.c. c.c. o permane in capo ai singoli comproprietari?

La questione non è di poco conto.

Infatti il tessuto economico italiano è formato prevalentemente da p.m.i. in cui spesso l’intera quota societaria è detenuta da un unico socio al cui decesso segue l’apertura della successione in favore degli eredi che, spesso, sono in disaccordo.

Le deleterie conseguenze che derivano dalla tesi che legittima all’esercizio di controllo solo il rappresentante comune della comunione ereditaria, sono tanto gravi quanto evidenti traducendosi in una elisione del diritto di controllo in capo al socio comproprietario che sia in disaccordo con il rappresentante comune.

Sul punto si è recentemente espresso il Tribunale di Venezia Sezione Specializzata in materia di impresa (sentenza del 19/05/2015, presidente estensore Dott.ssa Manuela Farini, reperibile su www.osservatoriodelleimprese.it) che, chiamato ad esprimersi in una fattispecie in cui tutte le quote della società erano cadute in successione, ha chiarito che “il diritto di controllo dell’amministrazione anche tramite l’esame della documentazione contabile, in quanto, come detto sopra, consustanziale alla qualità di socio e finalizzata alla tutela sia individuale che collettiva, deve, infatti, ritenersi sussistente a prescindere dall’entità e dalla “qualità” di socio della partecipazione societaria, e quindi anche in caso di proprietà comunitaria della quota“, concludendo che il “diritto di informazione deve ritenersi sussistente a prescindere dalla nomina di un rappresentante comune, considerato, d’altra parte, che dalla lettera e dalla ratio della disposizione dell’art.2468 ultimo comma cc si evince che la necessità di un rappresentate comune della quota in comproprietà … presuppone un’alterità di posizione nell’ambito della compagine sociale la quale non si verifica quando tutti i soci sono in comunione sulla totalità delle quote, poiché in tale caso l’esistenza di un rappresentante comune bloccherebbe l’esercizio stesso dei diritti sociali, venendo “monopolizzato”, in primis, il diritto di voto in assemblea“.